domenica, luglio 31

Agota Kristof, La vendetta,

Casa mia
Sarà in questa o in un’altra vita?
Tornerò a casa.
Fuori gli alberi urleranno, ma non mi faranno più paura, e neanche le nuvole rosse, né le luci della città.
Tornerò a casa, una casa che non ho mai avuto, o troppo lontana perché me ne ricordi, perché non era, non è mai stata veramente casa mia.
Domani, finalmente, avrò casa mia, in un quartiere povero di una grande città. Un quartiere povero, perché come si può diventare ricchi con niente, quando si viene da altrove, da nessuna parte, e senza il desiderio di diventarlo?
In una grande città, perché le piccole città non hanno che qualche casa cadente, solo le grandi città hanno strade e strade buie all’infinito dove si rifugiano quelli come me.
In queste strade camminerò verso casa.
Camminerò in queste strade spazzate dal vento, illuminate dalla luna.
Donne obese che prendono il fresco mi guarderanno passare in silenzio. Saluterò tutti, piena di gioia.
Bambini quasi nudi mi ruzzoleranno tra le gambe, li prenderò in braccio ricordando i miei che saranno grandi, ricchi, e felici da qualche parte. Li accarezzerò, questi figli di chiunque, e regalerò loro cose luccicanti e preziose. Rialzerò anche l’ubriaco caduto nel canale di scolo, consolerò la donna che corre gridando nella notte, ascolterò le sue pene, la calmerò.
Arrivata a casa sarò stanca, mi distenderò sul letto, un letto qualunque, le tende ondeggeranno come ondeggiano le nuvole.
Così il tempo scorrerà via.
E, sotto le mie palpebre, scorreranno le immagini di quel brutto sogno che fu la mia vita.
Ma non mi faranno più male.
Sarò a casa mia, sola, vecchia, e felice.


"Trilogia della città di K - Agota Kristof"






"Esercizio di accattonaggio"
Indossiamo abiti sporchi e laceri, ci togliamo le scarpe, ci sporchiamo la faccia e le mani. Andaimo in strada. Ci fermiamo, aspettiamo.
Quando un ufficiale straniero passa davanti a noi, alziamo il braccio destro per salutare e tendiamo la mano sinistra. Nella maggior parte dei casi l'ufficiale passa senza fermarsi, senza vederci, senza guardarci.
Finalmente un ufficiale si ferma. Dice qualcosa in una lingua che non capiamo. Ci fa delle domande. Non rispondiamo; restiamo inmmobili, un braccio alzato, l'altro teso in avanti. Allora fruga nelle tasche, posa una moneta e un pezzetto di cioccolato sul nostro palmo lercio e se ne va scuotendo la testa.
Continuiamo ad aspettare.
Una donna passa. Tendiamo la mano. Lei dice:
- Poveri bambini. Non ho niente da darvi.
Ci accarezza i capelli.
Diciamo:
- Grazie.
Un'altra donna ci dà due mele, un'altra dei biscotti.
Una donna passa. Tendiamo la mano, lei si ferma e dice:
- Non vi vergognate a chiedere l'elemosina? venite da me, ci sono dei lavoretti facili per voi. Tagliare la legna, per esempio, o lucidare la terrazza. Siete abbastanza grandi e forti. Dopo, se lavorate bene, vi darò della minestra e del pane.
Rispondiamo:
- Non abbiamo voglia di lavorare per lei, signora. Non abbiamo voglia di mangiare la sua minestra nè il suo pane. Non abbiamo fame.
Lei domanda:
- E allora perché chiedete l'elemosina?
- per sapere che effetto fa e per osservare la reazione della gente.
Andandosene grida:
- Piccole sporche canaglie! Screanzati, fare queste cose!
Rientrando, gettiamo nell'erba le mele, i biscotti, il cioccolato e anche le monete.
La carezza sui capelli è impossibile gettarla.

Omaggio ad Agota Kristof, scrittrice cruda e intensa

Agota Kristof nel 2004 nel suo appartamento a Neuchâtel
















Agota Kristof era malata da anni, e da un po’ la sua mano lucida, cruda e così sorprendente non ci concedeva nuovi scritti.
Agota si è spenta a 75 anni, a Neuchâtel, in Svizzera, la terra che non ha mai amato ma dove ha trovato accoglienza nella fuga dalla sua Ungheria, nel 1956, con il marito e una figlia piccola, dopo la repressione dei moti di Budapest e l’invasione dell’Armata Rossa. Qui ha dovuto passare anni difficili, prima in fabbrica e poi la difficoltà a inserirsi in una comunità di immigrati. E ha dovuto abbandonare l’ungherese per scrivere in francese, una lingua che non ha mai sentito sua e che l’ha fatta sentire un’analfabeta, come si confessa proprio nel racconto autobiografico L'analfabeta: “Questa lingua, il francese, non l’ho scelta io. Mi è stata imposta dal caso, dalle circostanze. So che non riuscirò mai a scrivere come scrivono gli scrittori francesi di nascita. Ma scriverò come meglio potrò. È una sfida. La sfida di un’analfabeta”.
La sua fortuna letteraria è legata alla Trilogia della citta di K., uno dei capolavori del Novecento, opera tradotta in oltre 30 Paesi che riunisce libri prima usciti separatamente, Il grande quaderno, La prova e La terza menzogna. Hanno un fascino cupo e ipnotico i tre capitoli, soprattutto gli esercizi di rafforzamento fisico e psicologico a cui i due gemelli si sottopongono ne Il grande quaderno, in un’imprecisata città di K. di un Est europeo in guerra, dove la madre li ha lasciati affidandoli a una nonna mai conosciuta prima, fredda e dura, per allontanarli dallo strazio del conflitto. Le pagine a volte sono taglienti come rasoi e sferzano come schiaffi. Il romanzo si rivela una cruda allegoria della guerra e dell’esilio, tanto cupa e dura quanto poetica, scritta da una penna che sembra così giovane e nuova, anche se il romanzo è edito nel 1987, quando Agota ha 52 anni.

LA GENTE NASCONDE L’AMORE

Chi dice mai
che sono io che lo voglio
questo distacco, questo viver lontano da te?
Le mie vesti odorano ancora dello spigo che mi donasti,
la mia mano tiene ancora la lettera che m’inviasti,
intorno alla vita porto sempre una doppia cintura;
sogno che essa ci lega entrambi in un unico nodo.
Non lo sapevi tu che la gente nasconde l’amore
come un fiore troppo prezioso per essere colto?

RIMPIANTO TARDIVO

Una lunga, tediosa
pioggia guasta la rosa,
ed il pianto distrugge
chi non curò sdegnosa
l’amor, che ora le sfugge.

sabato, luglio 30

“Fiesta” e “Isole nella corrente”


Hemingway ha riempito molte delle  giornate calde e noiose della mia adolescenza schiva, nel paesello in cui mi sentivo aliena. Sdraiata a letto leggevo per ore intere,romanzi e racconti in edizioni economiche che ancora conservo. Non erano cuciti, ma a queste raffinatezze sono arrivata più tardi. Allora non me ne curavo, volevo il libro e basta. Avevo fame di vita, diversa da quella quotidiana, e la trovavo tra le pagine di Hemingway. Così ho conosciuto la corrida spagnola, Parigi, l’Africa, i fiumi dove si pescano i salmoni, l’inquietudine e la continua ricerca di qualcos’altro,che non sono mai riuscita a placare.Quando ancora mi capita di riprendere in mano quei libri, provo una certa emozione, una sorta di ritorno a casa. In loro rintraccio il documentario della mia adolescenza e giovinezza perduta .Di Hemingway i denigratori dicono che era un ubriacone, un racconta palle, una brutta imitazione dei protagonisti dei suoi romanzi. Può darsi che fosse anche questo. Ma per me “Fiesta” e “Isole nella corrente” sono il sogno, l'avventura, la dannazione… cioè, il massimo che uno può chiedere alla Letteratura.

Ernest Hemingway


Seguo questo corso di sabbia

seguo questo corso di sabbia che scorre

tra i ciottoli e la duna
la pioggia d’estate piove sulla mia vita
su me la mia vita che mi sfugge mi insegue
e finirà il giorno del suo inizio
caro istante ti vedo
in questa tenda di bruma che indietreggia
dove non dovrò più calpestare quelle lunghe soglie mobili
e vivrò il tempo di una porta
che si apre e si richiude

My way is in the sand flowing


my way is in the sand flowing
between the shingle and the dune
the summer rain rains on my life
on me my life harrying fleeing
to its beginning to its end
my peace is there in the receding mist
when I may cease from treading these long shifting thresholds
and live the space of a door
that opens and shuts

Stelvio di Spigno

Ecco due poesie di Stelvio di Spigno, tratte dalla sua opera La nudità


Ho scelto Fiore di notte, come prima, perché presenta uno dei motivi più ricorrenti della poesia italiana, la barca. La barca come metafora della vita, la direzione della nostra esistenza. La percezione che ricavo da questa poesia è l'impossibilità di poter intraprendere il cammino che davvero vogliamo (il sogno che si è spento tra le mani). Così come l'innocenza è vista come una condizione di vita non vissuta completamente (i giovani stanchi e i vecchi imbambolati ).


Anche Limite è una poesia che mi ha colpito, proprio per questi toni cupi che mi sembrano caratteristici della poesia di Di Spigno. La notte, l'oscurità, il volersi eliminare con il buio della notte o il nascondere la propria vita.


Noto un'insistenza sul buio, come se la vita difficilmente potesse essere luce e essere autenticamente vera.

Fiore di notte

Per ascoltare le parole che si dicono nel sonno
dovremo puntare la nostra vecchia barca
dove la casa si fonde con l'Antartico e minaccia
chi non vuole accettare questo freddo,
il puro freddo di restare disumani
dopo che ci si è spento tra le mani
un sogno enorme e vago di noi stessi senza esplodere.

Si riallaccia al saperci sicuri e ancora vivi
una culla sempre piena di Natale e regali,
dove forse stiamo ancora sognando
una barca incastrata nel futuro e nel ghiaccio.

Ma se ci sveglieremo, in un giorno frainteso,
avremo di nuovo i nostri anni,
e come giovani stanchi o vecchi imbambolati
vivremo ancora innocenti.

Limite

Appesa alla mezzanotte nuvolosa
c'è la lampada votiva della luna, che appare e scompare
come un giro di scacchi sulla volta celeste.

Dentro questa luce si fanno presenti
il buio degli oleandri e il momento delle chiavi
di chi rincasa con la fretta di un ritardo a parole.

A stretto giro d'orizzonte si vede a cuore aperto
chi nasconde la sua vita tra le leve del mondo
e chi vorrebbe eliminare sé con gli altri
con l'aiuto della sola oscurità.

Ti lascio una canzone

Finito il tempo di cantare insieme
si chiude qui la pagina in comune
il mondo si è fermato io ora scendo qui
prosegui tu, ma non ti mando sola…

RIT.: Ti lascio una canzone
per coprirti se avrai freddo
ti lascio una canzone da mangiare se avrai fame
ti lascio una canzone da bere se avrai sete
ti lascio una canzone da cantare…
una canzone che tu potrai cantare a chi…
a chi tu amerai dopo di me….


Ti lascio una canzone da indossare sopra il cuore
ti lascio una canzone da sognare quando hai sonno
ti lascio una canzone per farti compagnia
ti lascio una canzone da cantare…
una canzone che tu potrai cantare a chi…
a chi tu amerai dopo di me…
a chi non amerai senza di me…

STAMANE ALL’ALBA




Stamane all’alba cantano
uccelli di primavera.
O miei gentili uccelli,
dolce fra tutte è la voce
dell’usignolo. Canta amore
e mi ha colpito in mezzo al petto.
E piango.

Qualcosa più grande delle Piramidi



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Faraone Amenophis IV
 
 
 
  LUI:
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 L'amore della mia bella
 e' sull'altro lato.
 Il fiume è tra noi.
 Un coccodrillo sta sulla secca.
 Io scendo nell'acqua
 e attraverso le onde.
 Il mio cuore è valoroso
 nella corrente.
 L'acqua è come terra
 sotto ai miei piedi.
 Il tuo amore mi dà forza
e ha fatto incantesimi,
su acque e coccodrilli per me.
 
 
 LEI:
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Scendo anch'io nell'acqua
  per essere con te.
  Ti vengo incontro
  dopo aver preso
  un pesciolino rosso.
  Esso sta bene
  fra le mie dita.
  E io lo depongo
  davanti a te.
  Vieni e guarda
  questa piccola
  grande
  immensa
 cosa.

 
Da una scritta su un ostrakon (coccio di vaso) conservato al Museo Egizio del Cairo.
Nuovo regno - XVIII Dinastia - Periodo dell' Eresia Amarniana (1300 a.C. cir

Dimenticami...




Dimenticami ma non scordarti di me,
perché dimenticare significa togliere dalla mente,
ma scordare significa togliere dal cuore. 

Portami nel cuore, perché sapere di essere stati amati fa bene. 
Tienimi come una carezza che hai avuto il privilegio di ricevere e dimenticami.


giovedì, luglio 28

L'arte di correre sotto la pioggia (Garth Stein)

Ieri pomeriggio Roma è stata colta da un nubifragio
Ero in macchina e mi sono ricordata di un libro che avevo letto tempo fa :
"L'arte di correre sotto la pioggia" 
è il racconto breve ed in prima persona di Enzo e già qui c'è l'originalità del libro... Enzo è infatti il cane di Denny, un giovane americano pilota di auto molto bravo nel correre sotto la pioggia come il suo mito Ayrton Senna. Da qui il duplice significato del titolo (per me azzeccatissimo...) cioè la contentezza di Enzo quando Denny lo porta a correre nella umida Seattle e la bravura di Denny nel suo lavoro. Tramite il pensiero a 4 zampe di Enzo, Stein ci racconta la vita della famiglia di Denny, alle prese con la malattia della moglie Eve e con la crescita difficile della figlia Zoe. Il tutto con lo spirito e lo stile dei nostri amici a 4 zampe, sognatori della prossima pappa, di una voce per parlare e di un pollice opponibile per compiere molte più cose nella vita...

è sicuramente un buon libro, non eccezionale ed indimenticabile ma un buon libro. L'idea del racconto tramite i pensieri del cane Enzo è bellissima e piena di spunti originali. Tutto il racconto è bello ed anche il finale non è poi così scontato, anche perchè il destino del cane lo si capisce subito e quindi non c'è niente di gratuitamente melenso... Nota negativa direi la tristezza generale della storia, comunque accompagnata dalla consapevolezza che la vita si può sempre raddrizzare, bastasse anche una corsa sotto la pioggia  col proprio migliore amico... Ve lo consiglio, non è un libro indimenticabile ma mi è piaciuto molto. 
Al ricordo di questo libro, arrivata  quasi a destinazione ,ho parcheggiato l'auto e mi sono lentamente incamminata sotto la pioggia battente e' stata una sensazione a dir poco meravigliosa  l'acqua ha lavato via le tensioni, le paure e la preoccupazione, sono arrivata a casa zuppa con il vestito incollato alla pelle, ma nuova, rigenerata... 
 

mercoledì, luglio 27

Raoul Dufy




(Le Havre, 1877 - Forcalquier, 1953)

pittore, scenografo e disegnatore francese
fu Influenzato dall'impressionismo di Boudin,
si schierò più tardi tra i fauves,
la sua formazione si svolse in modo irregolare
avendo dovuto cominciare a lavorare già a quattordici anni.
L'apprendimento proseguì con insegnanti votati alla tradizione accademica e solo a ventidue anni si iscrisse alla École des Beaux-Arts di Parigi, grazie a una borsa di studio offerta dalla sua città.
Nell'ambiente artistico incredibilmente stimolante della Parigi di quegli anni si avvicinò a due anziani patriarchi dell'impressionismo come Monet e Pissarro, ma finalmente nel 1905 lo scandalo dei Fauves gli rivelò una pittura moderna e congeniale, soprattutto in Matisse. Da allora la sua sigla elegantemente decorativa, quasi rabescata, si affermò con successo in una produzione assai vasta, dalla pittura alla grafica,  dalle ceramiche ai tessuti, dalle illustrazioni alle scenografie
Si libera così del naturalismo di tipo impressionista, ormai superato,  e inizia a creare gli straordinari ghirigori dinamici di colore che diventeranno  caratteristici della sua pittura, in una trasfigurazione originalissima del vero  distillato in intreccio di movimenti guizzanti e senza peso.


Raoul Dufy ha detto riguardo al suo talento "Quello che voglio mostrare quando dipingo è il mio modo di vedere le cose con i miei occhi e nel mio cuore." Ha anche detto "Quando mi sento un po 'confuso, l'unica cosa da fare è tornare indietro allo studio della natura prima di lanciare ancora una volta in soggetti più a cuore." Voleva andare oltre l'impressionismo e disse: "Quello che volevo fare era portare le mie indagini oltre quelle degli impressionisti. Gli impressionisti cercavano l'inter-relazioni di chiazze e macchie di colore, e che in sé era buona. Ora, tuttavia, abbiamo bisogno di qualcosa di più che la soddisfazione di visione da sola, abbiamo bisogno di creare il mondo delle cose invisibili ". Dufy aveva versato tutte le tracce di Impressionismo e Simbolismo e aveva trovato la propria voce. Dufy lavorato nel movimento fauve, in cui il colore è stato uno dei fattori più importanti per molti anche se la progettazione è stata la preoccupazione primaria per Dufy. Era conosciuto per le sue scene dai colori vivaci e altamente decorativo di lusso e di piacere. I critici sostengono che i suoi dipinti mancanza sostanza, mentre altri dicono che semplicemente esprimono una gioia nella vita. Era straordinariamente ottimista e questo è evidente nei suoi dipinti ariosi. Ha capito il mondo in termini di arte decorativa e infatti rivolto la sua attenzione al design tessile per un po ', che come i suoi dipinti erano un arazzo di colori chiari.







Rassegna Raoul Dufy


«Chiudere un'anima in uno scatolone buio non è giusto.
E' quello che accade quando muori,ma finchè vivi,
finchè ti resta dentro un po' di energia,
hai l'obbligo verso te stesso
e verso tutto quanto c'è di più sacro al mondo
di non cedere a queste umiliazioni.»




Window at the Dacha, 1915




Lascia che sfumi



Lascia che sfumi nell’oblio silente
come un fiore od un fuoco un tempo ardente.
Lo sapremo, vedrai, dimenticare:
il tempo è un caro amico, saprà farci invecchiare.
A chi chiede di lui, digli che è stato
da tanto tempo già dimenticato:
un fuoco, un fiore, foglia inanimata
sepolta in un’antica nevicata..

LABIRINTO

 e ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
o giù per quelli,
e poi un po' a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia,
dove convergono,
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.
Una via dopo l'altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù, a mo' di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta.
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non farsi sfuggire.
Quindi di qui o di qua,
magari per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo,
da luogo a luogo
fino a molti ancora aperti,
dove c'è buio e incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c'è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell'infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia
e d'improvviso un dirupo,
un dirupo, ma un ponticello,
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma solo quello,
perché un altro non c'è.
Deve pur esserci un'uscita,
è più che certo.
Ma non tu la cerchi,
è lei che ti cerca,
è lei fin dall’inizio
che ti insegue,
e il labirinto
altro non è
se non la tua, finchè è possibile,
la tua, finchè è tua,
fuga, fuga


Labirinti


Per secoli, a partire dal Rinascimento, il labirinto è stato parte integrante del giardino, struttura architettonica e luogo magico e ludico al tempo stesso, fino a divenire vera e propria moda in epoca barocca

  Labirinto Pisani AR copy.jpg
Anche rifacendosi agli infiniti significati del mito, il labirinto rimane un concetto complesso e oscuro, così come la sua stessa origine. Il labirinto è da sempre un disegno, un luogo, un simbolo.
Se di labirinto si parla per la prima volta nelle fonti classiche, in riferimento al mito cretese, l’idea è più antica e fonda le proprie radici nell’essenza stessa dell’uomo. La vastissima iconografia, che inizia sin dalla preistoria, raggiunge il mondo contemporaneo sovraccarica di temi religiosi, culturali ed esistenziali.
Le origini sono antichissime: solo il titolo del testo fondamentale di Hermann Kern, Labirinti - Forme e interpretazioni - 5000 anni di presenza di un archetipo ce ne dà la misura: la vastissima iconografia, che inizia sin dalla preistoria, raggiunge il mondo contemporaneo sovraccarica di temi religiosi, culturali e ludici.
In Inghilterra i primi labirinti tracciati nel prato in epoche antichissime simboleggiavano la rinascita con l’equinozio di primavera; in epoca cavalleresca erano la prova da superare, nella ricerca continua, vagheggiata e reale, dell’avventura e della prova spirituale. Nel Medio Evo il labirinto trasla nel giardino, nell’ hortus conclusus, come memoria del mito classico, reminiscenza dei riti pagani, al tempo stesso gioco trasgressivo e redenzione cristiana. Col tempo al significato religioso si sostituisce quello laico e si impone l’uso profano: nel labirinto gli amanti si perdono, si inseguono e si raggiungono in una danza rituale e amorosa. E’ così che il labirinto si lega indissolubilmente al giardino, entrambi metafore della vita, entrambi percorsi iniziatici, luogo dell’esperire, e occasione d’amore.
Se oggi il labirinto torna ad affascinare, è soprattutto nel suo disegno più complesso, il disegno a rete, che richiama l’intrico metropolitano, le difficoltà di scelta, la nevrosi e l’alienazione: non più luogo di smarrimento fisico, ma piuttosto psicologico ed emotivo, al labirinto si avvicinano soprattutto progettisti, artisti e filosofi. E inevitabilmente, accanto ai significati più complessi, si intrecciano il gioco, la ricerca, il piacere.
Ed ecco che nei giardini tornano i labirinti.
E accanto a quelli storici che si vanno a visitare ne sorgono di nuovi: se a Hampton Court, la sontuosa dimora che fu di Enrico VIII, alle porte di Londra, si trova il più antico labirinto di Gran Bretagna, nel parco di uno delle dimore inglesi più famose, dimora natale di Winston Churchill, Blenheim Palace residenza da secoli dei Duchi di Marlbourough, nel 1992 è stato realizzato The Marlborough Maze un enorme labirinto di tasso, come grande attrattiva per le folle di turisti che ogni anno visitano il palazzo e i giardini. Ispirazione del disegno, realizzato da Adrian Fisher and Randoll Coate di Minotaur Designs, sono state le sculture della Panoplia delle Vittoria, realizzate da Grinling Gibbons per un soffitto del Palazzo. Il labirinto ha due entrate laterali e un uscita centrale; all’interno due ponti in legno danno tridimensionalità alla creazione e permettono suggestive vedute attraverso il labirinto di siepi più grande del mondo.
In Italia, due bellissimi labirinti si trovano in Veneto, entrambi molto antichi e visitabili: a Villa Pisani a Stra e nel Giardino Barbarigo a Valsanzibio.
Al centro del celebre labirinto circolare di Villa Pisani, decantato da Gabriele D'annunzio ne' Il Fuoco, si erge una torretta centrale, servita da una doppia elica che conduce alla statua di Minerva, dall’alto della quale si “legge” il percorso da seguire per raggiungere l’uscita senza smarrirsi. Il labirinto settecentesco fu realizzato su progetto dell'architetto padovano Girolamo Frigimelica de' Roberti.
Il labirinto di bosso del Giardino Barbarigo, il più antico ed esteso oggi esistente, è simbolo dell'incerto cammino di ogni vita umana: un chilometro e mezzo di percorso tra pareti verdissime alte fino a due metri, in cui sembra di perdersi e di non trovare una fine. Venne realizzato nella seconda metà del Seicento, dal nobile veneziano Zuane Francesco Barbarigo, aiutato dal figlio Antonio. Il primogenito Gregorio, Cardinale e futuro Santo, ispirò l'alta simbologia del progetto dovuto all'architetto Pontificio Luigi Bernini.
Anche i paesaggisti finalmente tornano a proporre labirinti nei giardini che progettano, come quelli disegnati da Fernando Caruncho, paesaggista spagnolo che dagli studi di filosofia si è accostato con passione al giardino tanto da raggiungere fama internazionale. Ogni volta Caruncho sa rivisitare il modello classico del labirinto: talvolta proponendolo come semplice disegno decorativo, altre volte creando veri e propri percorsi nel verde oppure realizzando spazi dal forte impatto estetico e simbolico, come nel caso del labirinto della Universidad de Deusto a Bilbao.
Questo ritorno dei labirinti coinvolge sempre più appassionati: dal 1996 sono più di due milioni le persone che hanno visitato le stravaganti creazioni di Labyrinthus, una avventura che Isabelle de Beaufort e Bernard Ramus hanno intrapreso creando incredibili labirinti di mais, di sorgo, di fiori, in diversi parchi di Francia, ispirandosi a temi di fiaba come Alice nel Paese delle Meraviglie, l’antico Egitto, il Mago di Oz, gli eroi di Jules Verne, Victor Hugo, Alexandre Dumas.
Il fascino del labirinto ha contagiato anche numerosi artisti: Daniel Spoerri, una delle figure più eclettiche nel mondo dell’arte contemporanea, ha realizzato un particolare labirinto antropomorfo nel suo giardino di Seggiano, alle pendici del monte Amiata, dove gli appassionati d'arte contemporanea possono ammirare installazioni e sculture, perfettamente integrate con l'ambiente, di Spoerri e di numerosi altri artisti internazionali.
I più affascinanti e in assoluto i più effimeri sono però i labirinti creati da Chris Parsons, artista inglese per il quale il giardino è una forma d’arte: le sue opere si possono ammirare solo all’alba e per la prima colazione sono già scomparse. Parsons è un maestro di “dew painting”: una forma d’arte che usa la rugiada e trae ispirazione tanto dai famosi “cerchi nel grano” dall’ipotetica origine extraterrestre quanto dalle normali cure manutentive del prato. Trentaduenne dello Shropshire, Parsons, lavorando come giardiniere nei bowling green, ha scoperto i meravigliosi disegni che scaturivano dai prati all’alba ‘spazzolando’ la rugiada per evitare formazioni fungine: il contrasto tra le parti scure già spazzolate e quelle ancora brillanti di rugiada crea “disegni bellissimi e luminescenti_ ¬afferma Parsons_ e in pochissimo tempo puoi ammirare l’intero ciclo della loro creazione e della loro scomparsa. Appena ho finito, salgo su un albero e lo fotografo”.labirinti

Di notte


Come quando di notte alberi e vento
insieme sembrano mossi da un terzo

che è la tenebra fitta che ti è accanto,

allora i tuoi pensieri indietreggiano.

All’orizzonte una luce d’alba.

Esiste per qualcun altro,

da te è lontana;

il suo debole moto è il tempo.

Di notte qualcuno si sveglia,

il suo cuore batte forte.

Non sa piú chi è,

il suo nome non ha piú alcun significato.



Silence


Musique de l’indifférence
coeur temps air feu sable
du silence éboulements d’amours
couvre leurs voix et que
je ne m’entende plus
me taire

Musica dell’indifferenza
cuore tempo aria fuoco sabbia
del silenzio frana d’errori
copri le loro voci ch’io
non mi senta più
tacere.


domenica, luglio 17

NUDA

Con la mia testa io,
io vi conquisterò,
io vi strabilierò con mille qualità,
io ridere farò coloro che tra voi 
non hanno riso mai, gridare li farò. 
Io vi farò godere le pene dell'amore, 
io v'innamorerò parlandovi di me, 
di come so piacere mettendomi ad amare, 
e quello che so fare in mille modi e più.
E per chi vuol vedere le gambe il mio sedere, 
vestiti trasparenti li accontenterò, 
io vi accontenterò perché mi pare giusto 
di non negarvi il gusto di ridere di me. 
Nessuno ci sarà che mi resisterà
e uomini e ragazzi per me saranno pazzi 
e se c'è chi tra voi qualcosa in più vorrà 
magari immaginandomi tra mille volontà, 
io lo sconvolgerò scegliendo tra di voi 
quello che più ha provato e amare non sa più, 
per quello che mi costa io non dirò mai basta, 
io perderò la testa ma non mi fermerò. 
Coraggio approfittate, 
voi siete chi mi ama o almeno lo credete,
per questo sono qua, 
e se vi sembrerò un poco malinconica
quando verrà domenica allegra tornerò.
Son qui radiografata, 
son nuda anche vestita, 
di me sapete tutto forse più voi di me
ma se mi chiederete 
le cose che ho nel cuore, 
ecco le sole cose che non saprete mai