Evgenij Evtušenko nel 1963, nella capitale francese, ha l’occasione di assistere ad un evento memorabile, l’addio alle scene di Edith Piaf, ormai prossima a morire. Quando la cantante entra in scena dopo un inutile spettacolo preparatorio, tutto cambia, tutto assume la sua importanza. È uno scricciolo debole e malato, Edith Piaf, tenuto insieme dalla morfina, ma quando apre la bocca e inizia a cantare, è tutto un mondo che racconta, è il dolore drammatico delle sue canzoni, è il pathos che la sua voce crea. L’ultima volta, irripetibile. E questo lo sa anche il giovane poeta venuto da lontano: non c’è una donna malata su quel palcoscenico ma il simbolo immortale di un’epoca.
mercoledì, dicembre 14
Evgenij Evtušenko
Evgenij Evtušenko nel 1963, nella capitale francese, ha l’occasione di assistere ad un evento memorabile, l’addio alle scene di Edith Piaf, ormai prossima a morire. Quando la cantante entra in scena dopo un inutile spettacolo preparatorio, tutto cambia, tutto assume la sua importanza. È uno scricciolo debole e malato, Edith Piaf, tenuto insieme dalla morfina, ma quando apre la bocca e inizia a cantare, è tutto un mondo che racconta, è il dolore drammatico delle sue canzoni, è il pathos che la sua voce crea. L’ultima volta, irripetibile. E questo lo sa anche il giovane poeta venuto da lontano: non c’è una donna malata su quel palcoscenico ma il simbolo immortale di un’epoca.
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