domenica, luglio 31

Omaggio ad Agota Kristof, scrittrice cruda e intensa

Agota Kristof nel 2004 nel suo appartamento a Neuchâtel
















Agota Kristof era malata da anni, e da un po’ la sua mano lucida, cruda e così sorprendente non ci concedeva nuovi scritti.
Agota si è spenta a 75 anni, a Neuchâtel, in Svizzera, la terra che non ha mai amato ma dove ha trovato accoglienza nella fuga dalla sua Ungheria, nel 1956, con il marito e una figlia piccola, dopo la repressione dei moti di Budapest e l’invasione dell’Armata Rossa. Qui ha dovuto passare anni difficili, prima in fabbrica e poi la difficoltà a inserirsi in una comunità di immigrati. E ha dovuto abbandonare l’ungherese per scrivere in francese, una lingua che non ha mai sentito sua e che l’ha fatta sentire un’analfabeta, come si confessa proprio nel racconto autobiografico L'analfabeta: “Questa lingua, il francese, non l’ho scelta io. Mi è stata imposta dal caso, dalle circostanze. So che non riuscirò mai a scrivere come scrivono gli scrittori francesi di nascita. Ma scriverò come meglio potrò. È una sfida. La sfida di un’analfabeta”.
La sua fortuna letteraria è legata alla Trilogia della citta di K., uno dei capolavori del Novecento, opera tradotta in oltre 30 Paesi che riunisce libri prima usciti separatamente, Il grande quaderno, La prova e La terza menzogna. Hanno un fascino cupo e ipnotico i tre capitoli, soprattutto gli esercizi di rafforzamento fisico e psicologico a cui i due gemelli si sottopongono ne Il grande quaderno, in un’imprecisata città di K. di un Est europeo in guerra, dove la madre li ha lasciati affidandoli a una nonna mai conosciuta prima, fredda e dura, per allontanarli dallo strazio del conflitto. Le pagine a volte sono taglienti come rasoi e sferzano come schiaffi. Il romanzo si rivela una cruda allegoria della guerra e dell’esilio, tanto cupa e dura quanto poetica, scritta da una penna che sembra così giovane e nuova, anche se il romanzo è edito nel 1987, quando Agota ha 52 anni.

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