venerdì, dicembre 30

M. Gualtieri




È un tempo caduto nel veleno piccolo
che non fa morire ma piega. Laggiù
il cielo promette e io ci credo
ancora.

mercoledì, dicembre 28

Delusione o disillusione?





Qual è, secondo voi, la sottile differenza tra delusione e disillusione?

La disillusione, lo dice la parola stessa, significa la fine delle illusioni, il disinganno.
Questo vuol dire che se dico di essere disillusa da qualcuno, implicitamente riconosco di essermi creata da sola delle illusioni.
Ma la delusione?
Sul vocabolario si legge: emozione che prova chi non ha visto realizzate le proprie aspettative, speranze o desideri.

Non si sfugge, anche qui la sostanza non cambia!
Se dico di essere delusa da qualcuno, forse le mie aspettative erano troppo ambiziose o forse devo riconoscere, implicitamente, di non essere riuscita a rimanere ancorata alla realtà.

Ho gia nelle orecchie la voce di chi mi dice : “perché ti lambicchi il cervello con questi sofismi?”

E’ solo un modo per ricordarmi che alcune persone possono farci del male, ma che noi spesso le aiutiamo in questo compito con grande slancio!


Francis Bacon ...genio e follia

                                                                Pope I (1951)


Three Studies of Herietta Moraes 1966


              male back                        



Two figures with a monkey (1973)


Autoritratto (1976)

domenica, dicembre 25

Buon Natale a voi

Non amo il Natale. Per me rappresenta tutto quello che dovrebbe essere ma che non è e non è mai stato. Rappresenta le delusioni, le promesse non mantenute, le speranze trasformate in disillusioni.

Non amo il Natale. Una festa che festa non è, gli auguri a parenti antipatici o assenti, gli obblighi conviviali, il tuffarsi su cibo e regali.

Non amo il Natale perché non conosco abeti addobbati nei giardini innevati, perché è lontano il tempo delle palle di neve, i pupazzi mai fatti perché non potevo uscire col freddo.

Non amo il Natale così diverso dalle cartoline illustrate,  con ogni anno che passa che mi toglie una speranza di più.

Non amo la gente che corre per le strade, incazzata e nervosa per gli acquisti dell’ultima ora. Non amo il rumore, le suonerie dei cellulari continue e invadenti, le file per i negozi strapieni.

E vorrei amare il Natale, vorrei poter sperare in un mondo migliore e ogni anno mi strappo in due fra desiderio e disillusione, vorrei solamente poterlo passare davanti al fuoco acceso, solo con la luce che dà il camino, con una coperta sulle spalle, in silenzio, non da sola ma comunque in silenzio, ascoltando il semplice scoppiettìo dei ciocchi che ardono.Vorrei poter guardare sorrisi autentici e non quelli di circostanza.

Vorrei solamente essere lasciata in pace, a guardare il camino acceso, permettendo al corpo e al mio cuore di riposare una volta per tutte dalla fatica di essere al mondo…

giovedì, dicembre 22

WISLAWA SZYMBORSKA........... NULLA E' IN REGALO





Nulla è in regalo,tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.
E' così che stanno le cose,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito.
E' troppo tardi per impugnare il contratto.
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.
Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l'obbligo
di pagare le ali.
Altri dovranno,per amore o per forza,
rendere conto delle foglie.
Nella colonna Dare
ogni tessuto che è in noi.
Non un ciglio,non un peduncolo
da conservare per sempre.
L'inventario è preciso
e a quanto pare
ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare
dove,quando e perché
ho permesso di aprirmi
quel conto.
Chiamiamo anima
la protesta contro di esso.
E questa è l'unica cosa
che non c'è nell'inventario.

MARIO BENEDETTI.............ANCORA




Non ci credo ancora
stai arrivando accanto a me
e la notte è un pugno
di stelle e di allegria
palpo gusto ascolto e vedo
il tuo volto il tuo passo lungo
le tue mani e tuttavia
ancora non ci credo
il tuo ritorno ha tanto
a che vedere con te e con me
che per cabala lo dico
e per i dubbi lo canto
nessuno mai ti rimpiazza
e le cose più triviali
si trasformano in fondamentali
perché stai tornando a casa
tuttavia ancora
dubito di questa fortuna
perché il cielo di averti
mi sembra fantasia
però vieni ed è sicuro
e vieni col tuo sguardo
e per questo il tuo arrivo
rende magico il futuro
e ancorché non sempre abbia capito
le mie colpe e i miei disastri
invece so che nelle tue braccia
il mondo ha senso
e se bacio l'audacia
e il mistero delle tue labbra
non ci saranno dubbi né cattivi sapori
ti amerò di più
ancora.





TODAVIA

No lo creo todavía
estás llegando a mi lado
y la noche es un puñado
de estrellas y de alegría
palpo gusto escucho y veo
tu rostro tu paso largo
tus manos y sin embargo
todavía no lo creo
tu regreso tiene tanto
que ver contigo y conmigo
que por cábala lo digo
y por las dudas lo canto
nadie nunca te reemplaza
y las cosas más triviales
se vuelven fundamentales
porque estás llegando a casa
sin embargo todavía dudo
de esta buena suerte
porque el cielo de tenerte
me parece fantasía
pero venís y es seguro
y venís con tu mirada
y por eso tu llegada
hace mágico el futuro
y aunque no siempre he entendido
mis culpa y mis fracasos
en cambio sé que en tus brazos
el mundo tiene sentido
y si beso la osadía
y el misterio de tus labios
no habrá dudas ni resabios
te querré más
todavía.

Ansel Adams






Ansel Easton Adams (San Francisco, 20 febbraio 1902 – Carmel-by-the-Sea, 22 aprile 1984) è stato un fotografo statunitense.

È noto per le sue fotografie in bianco e nero di paesaggi dei parchi nazionali americani e come autore di numerosi libri di fotografia, tra cui la trilogia di manuali di tecnica, The Camera, The Negative e The Print.


Ansel Adams. La Natura è il mio regno




























mercoledì, dicembre 21

6 haiku per l’inverno






Giorno d'inverno -
sul cavallo
un'ombra di gelo.



Lo specchio è chiaro
e terso
tra i fiori di neve.






Se sto qui,
benché stia qui,
nevica.




L'inverno è vicino,
quest'anno ho lasciato
la barba.



Ombre d'alberi:
la mia ondeggia
nella luna invernale.




Sulle ali delle anatre mandarino
la neve cade leggere:
che quiete!



MARIA LUISA SPAZIANI .........VOCE

Natività mistica  Botticelli




Natale è un flauto d'alba, un fervore di radici
che in nome tuo sprigionano acuti ultrasuoni.
Anche le stelle ascoltano, gli azzurrognoli soli
in eterno ubriachi di pura solitudine.

Perché questo Tu sei, piccolo Dio che nasci
e muori e poi rinasci sul cielo delle foglie:
una voce che smuove e turba anche il cristallo,
il mare, il sasso, il nulla inconsapevole.

.

MARIA LUISA SPAZIANI LETTERA 1951



Natale altro non è che quest'immenso
silenzio che dilaga per le strade,
dove platani ciechi
ridono con la neve,

altro non è che fondere a distanza
le nostre solitudini
sopra i molli sargassi
stendere nella notte un ponte d'oro.

Sono qui, col tuo dono che mi illumina
di dieci stelle-lune,
trasognata guidandomi per mano
dove vibra un riverbero
di fuochi e di lanterne (verde e viola),
di girandole e insegne di caffè.

Van Gogh, Parigi azzurra...
Un pino a destra
per appendervi quattro nostalgie
e la mia fede in te, bianca cometa
in cima.

Lo Zahir




"Secondo lo scrittore Jorge Luis Borges, l'idea dello Zahir viene dalla tradizione islamica, e si
ritiene sia nata intorno al XVIII secolo. Zahir, in arabo, vuoi dire visibile, presente, incapace di
passare inosservato. Qualcosa o qualcuno che, una volta che si è stabilito il contatto, finisce per
occupare a poco a poco il nostro pensiero, fino al punto che non riusciamo più a concentrarci su
nient'altro. E ciò può essere considerato santità o follia."

Il mio Zahir non sono le romantiche metafore con ciechi, bussole, tigri, o la famosa
moneta.
Il mio Zahir ha un nome: "Esther.(Paulo Coelho)

Anche io  ho il mio Zahir,   anche il mio zahir ha un nome...  e voi?

lunedì, dicembre 19

RENÉE VIVIEN..............I solitari




Coloro che hanno per mantello lenzuoli funerari
provano la voluttà divina di essere solitari.
La loro castità ha pena dell'ebbrezza delle coppie
della stretta di mano, dei passi dal ritmo lieve.
Coloro che nascondono la fronte nei lenzuoli funerari
sanno la voluttà divina di essere solitari.
Contemplano l'aurora e l'aspetto della vita
senza orrore, e chi li compatisce prova invidia.
Coloro che cercano la pace della sera e dei lenzuoli funerari
conoscono la spaventosa ebbrezza di essere solitari.
Sono i beneamati della sera e del mistero.
Ascoltano nascere le rose sottoterra
e percepiscono l'eco dei colori, il riflesso
dei suoni...Si muovono in un'atmosfera grigio-viola.
Gustano il sapore del vento e della notte,
 hanno occhi più belli delle torce funerarie.

***********
Ceux qui cape feuilles pour les funérailles
prouver le plaisir divin d'être seul.
Leur chasteté est l'intoxication la valeur de paires
de la négociation, le rythme des petits pas.
Ceux qui cachent leur visage dans les funérailles des feuilles
Dieu sait le plaisir d'être seul.
Contemplez l'aube et l'apparition de la vie
sans horreur et de pitié ceux qui tentent de l'envie.
Ceux qui cherchent la paix du soir et le linceul
connaître le frisson d'être terrifiante solitude.
Ils sont les bien-aimés de la soirée et de mystère.
Ils écoutent les roses naissent sous terre
et de percevoir l'écho des couleurs, la réflexion
sons ... Ils se déplacent dans un gris-violet.
Savourez le goût du vent et de la nuit,
avez de beaux yeux des torches funéraires.

NELO RISI ----------------- UNO+UNO=UNO




Da solo
uno può ma non molto
da solo uno beve
e da solo uno canta
da solo uno
se crede deve pregare.
In due
si grida meglio
con zelo di larve
con gesti di gomma
su letti di bronzo
prima e dopo il saccheggio.

La somma
dei due vuoti ci somiglia.

Younis Tawfik.........La notte del destino


  Nei varchi tra la notte
e l'impossibile,
sotto un velo di neve,
ti ho inteso gridare le forme delle piaghe
e nella tenda del silenzio soffrivi l'eco:
condividevi il terrore con il tuo assassino,
aprivi il petto al vento,
mettevi catene alla passione
e per il pianto...
E' la Notte del Destino,
perciò strappati il manto della sopportazione,
e sacrifica gli occhi ai numi della guerra,
finché le tue visioni non verran meno...
E' notte di ghiaccio
ed è di fuoco,
è notte
che gli specchi del cielo vedono
infrangersi
...e ne scendono lune,
come fossero pioggia di pietra...
Fisso così il tuo nome
ed il tuo volto,
fisso la morte finché arriva il giorno.
Ma intanto, tu
spartisci il mio tormento e poi scompari,
ti trasformi in miraggio dell'infanzia,
penetri nel segreto del deserto
e il tuo cuore fiorisce sulla sabbia,
simile a un girasole, un canto funebre.
Intanto, tu
diventi il riso di bambino che la vita ha ucciso
e in questa notte rinasce, quando
Dio scende, plenilunio triste,
sopra i due fiumi,
e sugli schieramenti delle palme.

Badr Shakir as-Sayyab------Il canto della pioggia


foto: Steve Mccurry



Da quando eravamo bambini, il cielo
si copriva d’inverno
e scrosciava la pioggia,
e ogni anno, anche quando verdeggiava
la terra, eravamo affamati;
non c’è anno che in Iraq non sia fame.
Pioggia…
Pioggia…
Pioggia…
In ogni goccia di pioggia
sono rossi o gialli germogli di fiori.
Ogni lacrima di affamato e di ignufo,
ogni goccia che brilla del sangue dell’uomo
è un sorriso che attende nuove labbra
o un sogno che appare sulla bocca del bimbo
nel giovane mondo di domani, donatore di vita!
Pioggia…
Pioggia…
Pioggia…

Steve McCurry

Nella vita ci sono persone che possiedono il dono di comunicare agli altri con maggior efficacia mediante il linguaggio, l’utilizzo di parole articolate, sagaci, persuasive, convincenti, spontanee; c’è ne sono altre che hanno la capacità di esprimersi magistralmente utilizzando il proprio corpo, la tensione dei muscoli, l’armonia dei movimenti, la mimica del volto, e poi ci sono individui che scelgono come mezzo comunicativo le immagini come Steve McCurry che ha fatto della fotografia, la propria, una forma assoluta di stile espressivo puro, a metà tra la fine tradizione documentarista e la soggettività di un immagine d’autore colma di emozioni personali e allo stesso tempo ataviche primordiali ed universali, bagaglio emotivo dell’umanità intera.



Scrive McCurry : “nelle immagini cerco il momento indifeso, l’anima più genuina che si affaccia, esperienza impressa sul volto di una persona. Cerco di trasmettere ciò che quella persona può essere, una persona colta sopra un paesaggio più ampio, che potremmo chiamare la condizione umana…voglio trasmettere il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell’essere estraneo si mescola alla gioia della famigliarità”
Steve McCurry nasce nel 1950 a Philadelphia, si laurea in Arte ed Architettura alla Pennsylvania State University. Durante gli anni universitari inizia ad avvicinarsi al mondo della fotografia e a distanza di due anni dalla laurea parte per l’India per lavorare come fotografo freelance. Da questo momento in poi per Steve McCurry ha inizio una carriera ricca di successi, peregrinazioni e scoperte in India, Tibet, Afghanistan, Iraq, Cambogia; per citare solo alcuni dei luoghi che hanno fatto da sfondo o da soggetto alle sue foto. Nel 1986 diventa membro dell’agenzia Magnum, vince innumerevoli premi tra cui l’illustre Robert Capa Golden Medal per il migliore reportage fotografico dall’estero, in questa occasione vestito in abiti tradizionali, attraversò il confine del Pakistan per arrivare nell’Afghanistan controllato dai ribelli appena prima dell’invasione russa. Al ritorno dal suo viaggio i rullini delle pellicole che aveva fatto cucire nei suoi vestiti contenevano le immagini che sarebbero state pubblicate in tutto mondo facendo di lui il primo a mostrare il conflitto. Il suo lavoro viene pubblicato in ogni principale giornale del mondo e frequentemente compare nel National Geographic Magazine ne è un esempio la foto di Sharbat Gula oggi divenuta un’icona del fotografo.

Steve McCurry....... scatti dal mondo






















mercoledì, dicembre 14

Odysseas Elytis ---------- L’autopsia




Dunque, si era appurato che l'oro della radice dell'ulivo
gli si era  infiltrato in fondo al cuore.
E per le numerose veglie, accanto al candeliere, in attesa dell'alba,
uno strano rossore gli aveva invaso le viscere.
Appena sotto la pelle, la linea azzurrina dell'orizzonte intensamente colorata.
E abbondanti tracce di glauco nel sangue.
Le voci degli uccelli, che nei momenti di profonda solitudine
aveva imparato a memoria sembra
che si siano riversate tutte quante insieme
tanto che non fu possibile al coltello procedere in profondità.
Piuttosto fu sufficiente l'intenzione a compiere il Male.
Che affrontò - è evidente -
nel terribile atteggiamento dell'innocente.
Sgranati , orgogliosi i suoi occhi,
con tutto il bosco che ancora si agitava sulla retina immacolata.
Nel cervello nulla, se non un'eco distorta di cielo.
E solo nella conca dell'orecchio sinistro, un po' di sabbia, sottile,
finissima come nelle conchiglie. Il che significa che spesso aveva
camminato lungo il mare, da solo,
con lo struggimento d'amore e il sibilo del vento.
Quanto ai segni di fuoco sul pube,
mostrano che andava avanti per molte ore, 
ogni volta che incontrava una donna.
Avremo frutti precoci quest'anno.

da Sei rimorsi più uno per il cielo

Odysseas Elytis



Sono in lutto per gli anni venturi
Senza di noi e canto quelli ormai trascorsi
Se è vera

L’intesa dei corpi il dolce tintinnio delle barche
Il baluginare delle chitarre sotto le acque
I ‘credimi’ e i ‘no’
Ora nel vento ora nella musica

Due bestiole le nostre mani
Che cercavano di sovrapporsi furtive l’una sull’altra
Il vaso del basilico sulle soglie aperte dei cortili
E le scaglie di mare che arrivavano insieme
Sui muretti a secco, dietro le siepi
L’anemone che si posò sulla tua mano
E tremolò tre volte il lillà per tre giorni sopra le cascate

Se tutto ciò è vero canto
La trave di legno e il tappeto colorato
Sulla parete, la Sirena coi capelli scarmigliati
Il gatto che ci fissò nel buio

Un bambino con l’incenso e una croce vermiglia
Quando annotta sugli scogli inaccessibili
Sono in lutto per la veste che toccai e mi venne incontro il mondo.

da Il monogramma

William Blake



Tigre! Tigre! divampante fulgore
Nelle foreste della notte, 
Quale fu l'immortale mano o l'occhio
Ch'ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

GIUSEPPE UNGARETTI-------In un vestito rosso

Vettriano - Back Where You Belong




Sei comparsa al portone
In un vestito rosso
Per dirmi che sei fuoco
Che consuma e riaccende

Una spina mi ha punto
Delle tue rose rosse
Perché succhiassi al dito
Come già tuo, il mio sangue

Percorremmo la strada
Che faceva il rigoglio
Della selvaggia altura,
Ma già da molto tempo
Sapevo che soffrendo con temeraria fede,
L’età per vincere non conta.

Era di lunedì,
per stringerci le mani
E parlare felici
Non si trovò rifugio
Che in un giardino triste
Della città convulsa.


Evgenij Evtušenko





Evgenij Evtušenko nel 1963, nella capitale francese, ha l’occasione di assistere ad un evento memorabile, l’addio alle scene di Edith Piaf, ormai prossima a morire. Quando la cantante entra in scena dopo un inutile spettacolo preparatorio, tutto cambia, tutto assume la sua importanza. È uno scricciolo debole e malato, Edith Piaf, tenuto insieme dalla morfina, ma quando apre la bocca e inizia a cantare, è tutto un mondo che racconta, è il dolore drammatico delle sue canzoni, è il pathos che la sua voce crea. L’ultima volta, irripetibile. E questo lo sa anche il giovane poeta venuto da lontano: non c’è una donna malata su quel palcoscenico ma il simbolo immortale di un’epoca.


EVGENIJ EVTUŠENKO ---- COSÌ LA PIAF USCIVA DALLA SCENA

Édith Piaf


C’era a Parigi, c’era una sala e davanti alla sala
qualcuno motteggiava, volteggiando col sedere,
avendo coi suoi salti calpestato l’arte per un’ora…
Era solo un proemio per la Piaf.

Ed ecco entrò, fino al fanatismo
simile a un rozzo idolo,
come se, sbagliando porta, in uno sketch allegro
entrasse una tragedia stanca.

E, sulle stolidaggini da baraccone
ella si eresse, pallida e senza forze,
come una piccola civetta dagli occhi ammalati,
pesante con le sue ali spossate.

Piccoletta e truccata, coll’abito corto,
trattenendo la tosse, con un filo di vita,
ti apparteneva, o epoca,
reggendosi appena sulle gambette esili.

Ci guardava, come guardando la Senna,
dal cui parapetto fosse lì, lì per lanciarsi;
e sentivo la voglia di correre sul palcoscenico
per sostenerla, ché sarebbe caduta.

Un gesto preciso della manina rugosa
e partì l’orchestra… Arrivò fin sull’orlo
del palcoscenico… Costrinse la schiena
a raddrizzarsi e, tremando, aspirò la musica.

Cominciò a cantare, quasi prendendo il volo,
ricadendo davanti agli sguardi puntati,
quel corpo tagliuzzato dai chirurghi,
ansando, girandosi su se stesso, come dentro di noi!

Esso, volteggiando, singhiozzava, rideva con fragore,
bisbigliava come le erbe in delirio al Bois de Boulogne,
rimbombava come un carrettino a Saint-Germain,
urlava come una sirena. Questa era la Piaf.

In lei una mescolanza di campane a stormo,
di pioggia a dirotto, di cannonate,
di insulti, di gemiti, di mormorii, di fantasmi…
Così noi, a un tratto, quasi senza volerlo,
ci sentivamo nei suoi confronti buoni come dei giganti con una lillipuziana.

Attraverso la sua gola passava il dolore, passava la fede,
passavano le stelle, passavano le campane…
Giocando, come una gigantessa, ci prendeva nella mano,
come tanti miseri Gulliver.

Ma in lei, artista autentica, la cosa più importante
era che, a dispetto della morte che l’aspettava,
per la sua gola passavano nuovi artisti,
che dietro si lasciavano nodi di lacrime.

Così la Piaf, uscendo di scena, come tuono,
profetizzava nella sua frenesia.
La piccola civetta cantava, come canterebbe una chimera
caduta sul palcoscenico dall’alto di Notre-Dame.


EVGENIJ EVTUŠENKO




Il dolore guarda abbassando dolorosamente gli occhi,
 perché anche nel profondo vede.  


Colette Calascione



Nata nel 1971 a San Francisco, la Calascione disvela mondi onirici sensuali e simbolici, servendosi di un tratto morbido e avvolgente come le figure -reali o immaginarie- che ama rappresentare.
Tra occhi neri, pelli levigate e pose intriganti, l’artista americana insegue il mito del sorriso di Monnalisa, inaugurando una affascinante caccia all’enigma. Questo il sito ufficiale.QUI

martedì, dicembre 13

Colette Calascione

Two Birds Sold for a Kiss


Two Faced Portrait



Abduction



Bird with Egg

Sphynx


He is Who



Bird Girl


Alia

Eurydice