domenica, ottobre 9

George Byron, V3l3no e il colosseo

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Scintillano le stelle in ogni seno
Del firmamento e s’alza al bianco giogo
Di quel monte la Luna. Oh, com’è bello
Quanto vegg’io! Produr colla natura
Amo il mio conversar, perché l’aspetto
Dell’uomo è più straniero alla mia vista
Che il volto oscuro della notte. Appreso
Nella muta beltà della stellata
Ombra, di cui si veste, ho l’idioma
D’un altro mondo... Allor che ne’ miei freschi
Anni pellegrinava, in una notte
Simile a questa, mi trovai nel circo
Del Colosseo, mirabile reliquia
Del romano poter. Le folte piante,
Lungo quei minati archi cresciute,
Piegavano, ondulando i foschi rami
Sul cupo azzurro della notte, e gli astri
Splendevano ad or ad or per li ampi fori
Di quei ruderi illustri. Udia dal monco
Lato del Tebro l’abbaiar dei cani;
Ed a me più vicino il prolungato
Gemito delle strigi abitatrici
Del cesareo Palagio; ed un leggiero
Venticel mi recava ad intervalli
La uniforme canzon delle lontane
Scolte. Qualche funereo cipresso
Traverso le ruine, opera di molti
Secoli s’elevava, ed i confini
Parca segnar dell’orizzonte, e forse
Era da me discosto un trar di pietra
Ove la reggia imperiai sorgea,
Or vagola l’augel dal mesto grido.
E fra gli alberi, in cima alle scrollate
Mura sorgenti e coll’ime radici
Contorti, avviticchiati al sacro lare
Dei Cesari, la vile edera usurpa
Il seggio dell’allòr; pure il cruento
Circo dei gladiatori, maestosa
Ruina, a tutte di grandezza impari
Sta visibile ancor, mentre le auguste
Sedi, riverse e nel terren confitte,
Sono ignote macerie. E tu, vagante
Luna, inviavi il tuo pallido raggio
Sulle moli abbattute! amabll luce
Che gli austeri colori e la durezza
Ne tempravi, addolcivi, empiendo il vuoto
Che i secoli v’aprirò, e col diffuso
Virgineo candor non ne scemavi
La beltà pur d’un’ombra, e, meglio, quanto
Bello non era v’abbellivi. Un sacro
Raccoglimento mi facea signore
Di me, della mia mente, e ai grandi antichi,
Adorando, io pensava; a quei potenti
Che, sebben polve ed ossa, ancor deposto
Non han lo scettro, e dal sepolcro ancora
Imperano allo spirto. Era una notte
Similissima a questa, e strano è certo
Che riviver mi debba in tal momento.
Però, ben lo provai, quando il pensiero
Di raccórsi ha più d’uopo, in tempi andati
Si divaga e si perde.

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