domenica, ottobre 9

Paola Malavasi-----IN PISTA



Quanti i minuti della storia, quanti i sassi della terra,
tanti uomini avevano ballato davanti all’orchestra
di alberi e fiumi, accesi fuochi e battaglie, palazzi
alti regnavano nell’aria come ponti, però mai fino al cielo.
Quando sono salita in pista io
affondava il piede di un uomo sulla luna,
c’era la guerra fredda mentre eravamo così vivi.
Alcuni giorni sono fissi nella linea leggera della vita,
mi illudo solo per me.
Ero nel gruppo delle donne, stretta in un lento
a un giovane di allora, mentre si scioglieva un confine
di cemento in Europa, poi in una notte ferma
arrivò mio figlio in un raddoppio improvviso.
Ho visto tempi che spezzano il sorriso, gioie calde:
le piogge non sono per la nostra pelle
e certi ghiacci ci attaccano direttamente.
Torri crollavano come separazioni,
ma chi li costruì sull’acqua per portarli al cielo?
E bambini inghiottiti dal mattino.
I segni brillano, fotografie dell’alba che tocco con le dita
qualcuno li ha versati di nascosto nel mio cuore.
Il giorno in cui il mio viso accennò oscenità al tempo
non mi sembrò poco. Più fecero gli addii che spaccano i ricordi
i volti, così cari nella nuvola incerta della folla.

A volte non ballo, penso.
Penso alle ragazze con in serbo parole che ho già detto
alle imprese che vogliono annerire il cielo e l’anima e i fiori.
Esco dalla pista e mi metto nell’aria delle piante
che danzano al vento, placate, smosse
dalla pioggia, mentre lasciano messaggi con le foglie.
L’albero mi dà occhi di legno, gli uccelli
insegnano il canto solitario di chi non vuole pubblico.
Lontani dalla pista guardiamo i bambini,
spuntati da squarci di donna, sputati dal buio.
I figli del nuovo millennio, dico, i figli dell’occidente.
Ma gli alberi, gonfiati dal vento, li sento,
ridono se dico millennio, se dico occidente
ridono perché sanno che in autunno, già in autunno,
perderanno le foglie.

   

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