lunedì, novembre 21

Il giorno prima



Non so se fosse un sogno, ma di una cosa sono certa:
era il giorno che precedeva la mia morte.
Tutto era ovattato, percepivo a fatica i rumori provenienti dal resto della casa.
La marea che da sempre sconquassava la mia anima era diventata uno sciabordio monotono
L’impeto  e la frustrazione  erano diventate emozioni soavi che mi inumidivano gli occhi e li rendevano lucenti.
Se qualcuno avesse potuto vedermi  avrebbe detto ch’ero felice.
I miei pensieri si sciorinavano nella mente con lucida cronologia
fino a quando un sopore morbido non ne sospendeva il corso
 per riprenderlo al risveglio .
Non saprei dire quante volte sonno e veglia si erano alternati ,
ma posso dire che ho ripercorso la mia intera vita;
figlia diligente e curiosa, fino a che non venni colta dall’onda, dall’alta marea , che placandosi portava via con se saggezza materna ,
buoni consigli e propositi,
 lasciando il posto ai detriti e all’inquietudine che accumulandosi mi hanno plasmata facendo di me la cattiva ragazza che sono stata .
Ho amato molto e sono stata riamata, ho avuto i miei figli e sono stata madre felice.
Perché non ricordavo più nulla del dolore, non era mai esistito?
Il ricordo della maturità era struggente  , la sensazione che tutto era stato giusto e meritato.
E quella figura maschile,  senza volto, che si stagliava netta  nella mia mente chi era?
E poi di nuovo il dolce sonno,  la certezza  che   MORIRE non è doloroso,
è dolcezza ,
 è come leggere l’ultima pagina di un libro che ti è piaciuto
MORIRE è lasciarsi andare, abbandonarsi allo sciabordio monotono
della bassa marea .

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