lunedì, agosto 22

IL DOLORE - ATTILA JOZSEF

Dalla conoscenza della sua biografia, non ci si può stupire se Attila ci da dato una descrizione così minuziosa, così vera, nostra, del dolore.
Ha qualcosa di introspettivo, ma è riuscito a trascendere da questo ed a fare una poesia universale, viva ieri come anche oggi, con quel verso finale che resta sospeso tra lui e noi.
Non come minaccia, ma come avvertimento.

Attila József nacque a Budapest, l'11 aprile 1905 e morì a Balatonszárszó il 3 dicembre 1937, è considerato uno dei più importanti poeti ungheresi del XX secolo.
Figlio di un operaio di origine rumena, e di una contadina, era terzogenito dopo le sorelle Eta e Jolán.
Il padre abbandonò la famiglia quando lui aveva l'età di tre anni e la madre che non riusciva a mantenere economicamente i figli, permise che Attila fosse affidato ad una coppia di Öcsöd per lavorare nella loro fattoria.
Ma le condizioni di vita furono tali che Attila (ribattezzato "Pista" dai genitori affidatari) fuggì nuovamente a Budapest per tornare dalla madre.
Ma questa morì nel 1919, a 43 anni di età, così Attila venne cresciuto da Ödön Makai, suo zio, che gli consentì di studiare in una scuola superiore. Successivamente si iscrisse all'università di Seghedino, con l'intenzione di diventare un insegnante, ma venne espulso per via di una poesia provocatoria che aveva scritto.
Da quel momento, cercò di mantenersi con i pochi guadagni derivanti dalla pubblicazione dei suoi scritti. Iniziò, inoltre, a dare segni di schizofrenia e andò in cura presso vari psichiatri.
Morì nel 1937 all'età di 32 anni a Balatonszárszó, dove viveva con la sorella ed il cognato, travolto da un treno di passaggio mentre si trovava sdraiato sui binari. L'ipotesi del suicidio è la più accreditata, anche se alcuni studiosi non escludono l'incidente.
Presso il luogo della sua morte è posto un cippo memoriale.

IL DOLORE


Il dolore è un postino grigio, silenzioso,
col viso asciutto, gli occhi d'un azzurro chiaro,
dalle sue spalle fragili pende
la borsa, il vestito è scuro e consumato.
Nel suo petto batte un orologio
da pochi soldi; timidamente sguscia
di strada in strada, si stringe ai muri
delle case, sparisce in un portone.
Poi bussa. E ha una lettera per te.

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