Tra la gente mi aggiro leggermente svitata
come una lampadina consumata.
Mi ripiego nel cerchio del risucchio
di un mezzo giro rapido antiorario.
La corrente trafigge a intermittenza
i filamenti delle nervature
tremolanti, protese negli agganci
di trapezi acrobatici nel vuoto.
E l'assenza imparata, questo tendersi
della mancanza,
è il barlume di un calo di tensione
è il residuo di un fioco sfrigolio.
Ciao Elisabetta,bella poesia,complimenti.
RispondiEliminaUn bacio.
Grazie Achab ...BACI
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